“Resta la selva del monasterio verso tramontana e quella di Sto Bartolomeo verso mezzogiorno“: così si legge nel prezioso manoscritto, conservato presso il Centro Ignazio Cerio di Capri, in cui frate Vincenzo Giusso annota i confini delle proprietà del Monastero di San Giacomo negli anni che vanno dal 1579 al 1603. Nè Capaccio, né molti altri storici dell’isola citano la cappella di S.Bartolomeo de Romeis che è invece esistente nel 1607, anno in cui ne risulta cappellano il religioso Pietro Nicola Arcucci. La notizia proviene da un atto in cui appunto il cappellano della cappella di S.Bartolomeo, “sita dove si dice à Carcara, concede in emphiteusim à Marino Arcuccio à terza generatione un cellaro sito dove si dice à Carcara iusta li beni dell’heredi del quondam Gio.Tomase Calamazza, li beni di Pietro Mazzola, via publica et altri confini, spettante a detta cappella per annuo censo di carlini sette (etc).”. (1) Già a metà del secolo, tuttavia, la cappella doveva essere semi-abbandonata perché le sue rendite risultano accorpate per un periodo di tre anni alla Mensa Vescovile. Esse provengono da un vigneto “à Fuori il Vado“, “un territorio” a Matermania, una veterina a Tuoro, una “selva grande sita à Monticello“, una “selvicciuola à Torre“, un’altra “à Pietro Iommella” e nel già citato “cellaro“. (2) L’annotazione contenuta nella Platea del 1689 (“la cappella di S.Bartolomeo profanata (…) nel luogo volgarmente à Carcara e proprio à forlovado“) ce la fanno immaginare nelle immediate vicinanze del passaggio coperto che si trova oggi al termine del primo tratto di via Le Botteghe, dopo la Galleria Gaudeamus. Un tempo era quello l’arco di Fuorlovado, poiché la strada così denominata partiva già da Piazza Umberto, così come risulta dalla pianta nella pagina seguente. La cappella di San Bartolomeo sorgeva forse nello spazio oggi occupato da un’avviata rosticceria, proprio sotto il portico, a sinistra di chi proviene da via Le Botteghe. All’incirca negli stessi locali anticamente funzionava un pontano e in un passato più recente un forno, quello apprezzatissimo di Mongiardino. E’ possibile (ce ne sono ancora tracce nella memoria popolare) che la cappella sorgesse lungo la stradina, oggi chiusa, che cominciava sotto il portico, in corrispondenza dell’attuale numero civico 29 e terminava in via Listrieri, all’altezza del civico 18, laddove sorge oggi una parrucchieria. La stradina era chiamata, appunto, la “strada di San Bartolomeo” ed era uno dei tanti vicoli che dividevano il quartiere di Calcara in tanti “isolati” ognuno difendibile singolarmente in caso di attacco nemico. Nella relazione Pagano (Santa Visita Rocco) si legge che “il suddetto Beneficio, che sta eretto nella Città di Capri da circa un secolo e mezzo nella sua propria cappella, ed altare sotto il titolo di San Bartolomeo, poi diruta è divenuta cantina, oggi casa di abitazione del Rev. don Francesco Vassallo, e sino a oggi si chiama la strada di San Bartolomeo (…)”.(3) Un’ultima considerazione su questa cappella: “Romei”, era la parola che indicava nel medioevo i devoti che si recavano a Roma in pellegrinaggio: san Bartolomeo ne era probabilmente il protettore. C’è anche una famiglia Romeo, presente a Capri nel secolo XV, ma non dovrebbe essere collegata con il Beneficio, che nella Relazione Pagano risulta essere stato istituito originariamente dalla famiglia Arcucci. |